Trailer Mattia Pascal

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 Il Teatro di Pirandello  I  Il Romanzo

 

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Il Romanzo di Dario Ventimiglia

Come molti altri scrittori siciliani, i veristi Verga, De Roberto, lo stesso suo amico Capuana e molti altri, Pirandello si allontana dalla sua terra d’origine alla ricerca della sua strada di scrittore, ma diversamente da loro non vi farà più ritorno. Tuttavia, quanto più la sua frenetica attività teatrale lo porterà in ogni parte del mondo, sempre più lontano dalle sue radici, tanto più paradossalmente la sua arte sembra trarre origine dal fondo oscuro ed arcaico della Sicilia. Come ha rilevato Sciascia, dal modo stesso in cui i rapporti sociali venivano vissuti nel mondo della sua infanzia ad Agrigento, Pirandello estrae la sua concezione della realtà umana, come un continuo, tragico, conflitto tra «forma» e «vita». E Mattia Pascal è l’esemplare testimone di questa assurda condizione dell’uomo prigioniero delle maschere sociali «di marito, di moglie, di padre, di fratello e via dicendo», «di tutta quella soma di leggi, di doveri, di parole», contro cui lotta ininterrottamente, ma inutilmente la «vita». Il sentimento più interno, più profondo ed autentico che l’uomo ha della vita e di se stesso, la favilla rapita al sole da Prometeo per farne dono agli uomini (di cui Pirandello parla nel saggio L’umorismo), mai troverà «realtà fuori di sé». «Fuori della legge e fuori di quelle particolarità, liete e tristi che siano per cui noi siamo noi… non è possibile vivere». Tutta la crisi storica ed esistenziale dell’uomo moderno viene così rappresentata in un romanzo, che proietta Pirandello in una dimensione europea (Il fu Mattia Pascal fu subito tradotto in tedesco), ma al tempo stesso lo isola nel panorama culturale italiano, tanto da essere stato per molto tempo poco apprezzato dalla critica, soprattutto sulla scia del giudizio negativo datogli da Benedetto Croce. Nell’orizzonte della letteratura italiana dell’inizio del secolo, infatti, Il fu Mattia Pascal si colloca a distanza sia dal modello dannunziano sia dal Verismo. Quanto diversa appare la Roma grigia e impiegatizia in cui vive Adriano Meis dalla Roma esuberante e folgorante del Piacere di D’Annunzio! A D’Annunzio «scrittore di parole» che ricerca una scrittura preziosa e spettacolare, Pirandello oppone, (nel discorso pronunciato, nel 1931, all’Accademia d’Italia per le celebrazioni del cinquantesimo anniversario della pubblicazione dei Malavoglia ), Verga «scrittore di cose». Proprio dal Verismo Pirandello eredita, oltre alla fedeltà al mondo siciliano visto come specchio dell’uomo moderno, la concretezza della sua scrittura. È il linguaggio comune, «neutro» e trasandato della vita di tutti i giorni a dar voce alle quotidiane laceranti contraddizioni dell’esistenza di Mattia Pascal. Tuttavia ne Il fu Mattia Pascal vengono meno i criteri di verosimiglianza e di oggettività cari al Naturalismo: a narrare (alla prima persona, anziché alla terza) è il protagonista frantumato in tre incarnazioni (il primo Mattia Pascal, Adriano Meis, il redivivo «fu Mattia Pascal»). Pirandello non può più accettare i canoni veristi: sono oramai crollate tutte le verità scientifiche assolute; uno «strappo» ha lacerato il cielo positivistico della società borghese dell’Ottocento; non più i rigidi e certi rapporti di causa-effetto regolano la vita dell’uomo, ma il caso. L’uomo si trova ora posto «su un’invisibile trottolina […] su un granellino di sabbia impazzito che gira e gira e gira, senza sapere perché, senza pervenir mai a destino». Ancor prima che Albert Eistein elabori la teoria della relatività (i lavori sulla relatività generale vengono pubblicati nel 1916), Pirandello rappresenta l’inquietudine del dubbio che angoscia l’uomo del Novecento nella tragica impossibilità di avere della realtà, divenuta una e tante insieme, «un’idea, una nozione assoluta». Nuovo è inoltre lo strumento con cui Pirandello legge e analizza la tragedia moderna: l’umorismo, che, scomponendo i caratteri esteriori del reale, individua dietro ogni apparenza il suo «contrario». «Umoristico» è quindi Il fu Mattia Pascal nel suo singolare impasto di gioia e di sofferenza, di riso e di pianto, di comico e di tragico.

 

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